Trattamento chirurgico
La chirurgia per endometriosi risulta indispensabile in tre casi:- Stenosi intestinale con rischio di fenomeni subocclusivi o occlusivi
- Stenosi ureterale con rischio di compromissione della funzionalità renale
- Formazione annessiale con caratteristiche sospette per non benignità
In tutti gli altri casi va effettuata un’adeguata valutazione rischio/beneficio. Una volta posta, sulla scorta delle considerazioni sopra esposte, l’indicazione ad effettuare un intervento chirurgico, lo stesso dovrebbe essere più radicale possibile (asportazione completa di tutte le lesioni macroscopicamente visibili) anche per ridurre la necessità di eventuali interventi ripetuti con le relative possibili ripercussioni.
La LAPAROSCOPIA (tecnica chirurgica con approccio mini invasivo) è universalmente riconosciuta come "gold standard" (trattamento di scelta) per gli indiscussi vantaggi rispetto alla tecnica laparotomica (chirurgia tradizionale ad addome aperto):
- Magnificazione della visione con maggiore precisione chirurgica
- Minor perdita ematica
- Minor rischio di aderenze postoperatorie
- Minor dolore postoperatorio
- Rapido recupero e minore durata della degenza
- Miglior risultato estetico
In alcuni casi, a seconda della tipologia di intervento previsto, può essere richiesta una preparazione intestinale da iniziare circa 24h prima della procedura chirurgica.
L'intervento viene eseguito in anestesia generale (con intubazione oro-tracheale) mediante sottili strumenti chirurgici ed un’ottica (telecamera) che vengono inseriti in addome attraverso microincisioni di diametro variabile dai 5 ai 12 mm. La procedura richiede sempre la distensione della cavità addominale con una miscela gassosa di CO2 che viene rapidamente riassorbita al termine dell’intervento.
La durata dell'intervento varia in rapporto all'impegno della regione anatomica.
Come di routine per tutte le procedure chirurgiche viene posizionato un accesso venoso per la somministrazione dei farmaci necessari. Viene posizionato anche, a sedazione avvenuta, un catetere vescicale che generalmente viene rimosso nell’immediato postoperatorio prima del risveglio a meno che non vi sia la necessità di mantenerlo per specifiche esigenze cliniche. Potrebbe essere necessario, al termine dell'intervento, il posizionamento di un drenaggio addominale e/o di un sondino naso-gastrico da rimuovere nei giorni successivi. Per alcune procedure sulle vie urinarie può rendersi necessario il posizionamento di stent ureterale, un dispositivo interno che mantiene pervio l’uretere e non è pertanto visibile dall’esterno, da rimuovere anch’esso con tempistiche variabili in base alle esigenze cliniche. Molto raramente possono essere necessarie eventuali trasfusioni di sangue/plasma. Benchè il rischio di necessità sia estremamente contenuto, la nostra struttura è dotata di terapia intensiva postoperatoria (T.I.P.O.) con personale anestesiologico ed infermieristico dedicato h24. La ripresa della normale alimentazione nel postoperatorio è condizionata dalla fisiologica ripresa dell’attività intestinale. É generalmente molto precoce a meno di procedure chirurgiche dirette sulle anse intestinali per le quali può essere necessario un intervallo temporale lievemente maggiore. A condizioni cliniche permittenti viene incoraggiata la mobilizzazione precoce per favorire una più rapida ripresa postoperatoria. Generalmente la degenza media, dal ricovero al momento della dimissione, è di 48/72h; può estendersi fino a 7 gg o oltre per interventi più complessi (intestino-vie urinarie-vescica). É frequente una sensazione di moderata dolenzia in corrispondenza delle cicatrici cutanee, generalmente di breve durata e controllabile con i comuni analgesici. É possibile che nel postoperatorio la paziente possa manifestare parestesie/ipoestesie cutanee, cioè sensazioni soggettive di lieve alterazione della sensibilità cutanea (senso di “addormentamento”, formicolio, sensazione di calore) soprattutto in sede addominale o degli arti inferiori (interno coscia). Tali effetti sono generalmente dovuti alla posizione assunta in corso di intervento e tendono risolversi nella maggior parte dei casi spontaneamente in alcuni giorni; più raramente possono perdurare per alcune settimane. Le nostre sale operatorie sono dotate di strumentazione di ultima generazione completamente dedicate alla chirurgia endoscopica avanzata e dispongono altresì di dispositivi per la visione chirurgica 3D che consente ulteriori vantaggi in termini di visione e dunque di accuratezza dell’atto operatorio.
SPECIFICHE TIPOLOGIE DI INTERVENTO
Di seguito elencheremo tutte le procedure che possono essere richieste durante l'intervento di eradicazione di endometriosi, e gli organi interessati. Spesso si tratta di una malattia "multiviscerale" ossia che colpisce molti organi e molti compartimenti, per cui bisognerà agire su più fronti e quindi i benefici cosi come i rischi della procedura risultano essere una complessa equazione risultante da ciascun compartimento trattato, da eventuali interventi precedentemente subiti e dalla compromissione delle strutture anatomiche determinata dalla malattia e, fattore altrettanto fondamentale, dai processi di cicatrizzazione e risoluzione, che sono diversi in ciascuna delle pazienti. L'escissione dell'endometriosi profonda richiede l'apertura del retroperitoneo (lo spazio tra le ossa del bacino ed il peritoneo, nel quale sono contenute fondamentali strutture quali vasi, nervi e linfonodi) con la necessità di identificare/isolare gli ureteri e sviluppare piani anatomici complessi. Si sottolinea come il coinvolgimento da parte della malattia di diversi organi e strutture possa richiedere spesso procedure di chirurgia non solo prettamente ginecologica (utero e annessi) ma anche di tipo urologico/neurologico/colorettale. Tali procedure, nel rispetto delle linee guida nazionali vigenti (SIGO-AOGOI-AGUI 2018), possono essere espletate da un chirurgo pelvico (chirurgo specialista in ginecologia con comprovata esperienza nelle suddette procedure) o in alternativa da una equipe multidisciplinare (ginecologo+ chirurgo generale + urologo).
Nella nostra struttura i suddetti interventi vengono effettuati da un’equipe di ginecologici esperti, dedicati al trattamento delle forme complesse di endometriosi addomino-pelvica, pertanto con comprovata esperienza dettata anche dal volume di attività (circa 800 interventi/anno).
ENDOMETRIOSI OVARICA
Come già esposto la necessità assoluta di intervento si pone in caso di sospetto di non benignità della formazione cistica (evento raro, <1%, soprattutto in pazienti di giovane età). Nella nostra struttura disponiamo quotidianamente di un servizio di anatomia patologica per esame istologico estemporaneo (intraoperatorio) benchè la valutazione definitiva sia demandata comunque alla verifica degli esiti istologici definitivi.
La necessità di un approccio chirurgico si pone anche, indipendentemente dalle dimensioni assolute della formazione cistica, per tumefazioni con aspetto tipico che non si mostrano responsive - in termini di persistenza del dolore e/o incremento dei diametri - alla terapia medica, nonché in pazienti sintomatiche con controindicazione ad assunzione di terapia farmacologica. Una indicazione ulteriore può essere rappresentata dalle pazienti infertili che debbano accedere a procedura di PMA qualora la cisti sia da ostacolo alla stessa.
Il trattamento di scelta è l’evacuazione del contenuto cistico con asportazione della capsula (stripping). Qualsiasi procedura chirurgica sull’ovaio può potenzialmente ridurne la riserva follicolare, e tale aspetto va considerato soprattutto in pazienti giovani in età riproduttiva, valutando eventualmente l’opportunità di strategie combinate di terapia medica e/o crioncoservazione ovocitaria pre o postoperatoria. Numerosi lavori scientifici dimostrano come l’esperienza del chirurgo e le specifiche tecniche adottate siano cruciali per preservare al massimo il tessuto ovarico sano, ma anche in tal caso una possibile riduzione della quota di tessuto residuo va considerata. Nel nostro centro si utilizzano routinariamente le tecnologie più innovative (Laser a diodi, Argon, Plasmajet) per la minimizzazione del danno ovarico in caso di necessità di asportazione di lesioni cistiche. Il rischio di compromissione della riserva follicolare è maggiore in caso di pregressa chirurgia ovarica ed in caso di necessità di intervento bilaterale. Per questo, soprattutto in caso di lesioni di piccolo volume, talora si preferisce procedere ad un esclusivo drenaggio della formazione, evitando così l’asportazione della capsula. L’attuazione di tali misure consente di contenere il rischio di una menopausa precoce, che comunque va considerato benchè sia generalmente raro (1-2%) e comunque dipendente dall’età della paziente e dalla riserva follicolare di partenza.
ENDOMETRIOSI PROFONDA DEL COMPARTIMENTO ANTERIORE
Vescica
L’endometriosi vescicale viene trattata per via laparoscopica attraverso la rimozione degli impianti endometriosici sulla vescica che possono essere superficiali, e pertanto essere asportati con una tecnica di ablazione (detta shaving), o profonde con interessamento della muscolatura della parete vescicale stessa, in tal caso con necessità di resezione e asportazione en bloc e ricostruzione contestuale. In tal caso è necessario il posizionamento di un catetere vescicale con permanenza in sede per qualche settimana (generalmente due o tre). Qualora il nodulo endometriosico infiltrante interessi il tratto terminale, intravescicale dell’uretere può essere necessaria una contestuale procedura di resezione dello stesso con reimpianto. In tal caso è necessario il posizionamento, oltre che del suddetto catetere vescicale, anche di uno stent ureterale.
ENDOMETRIOSI PROFONDA DEL COMPARTIMENTO POSTERIORE E LATERALE
Area retrocervicale-inserzione legamenti uterosacrali, vagina/setto retto-vaginale, parametri, uretere
Il nodulo retrocervicale o vaginale viene isolato dalla parete posteriore dell'utero e dalla parete anteriore dell'intestino (se adeso ad essa). Se interessata profondamente dalla malattia endometriosica, la parete vaginale posteriore può essere resecata e quindi suturata, motivo per cui si rende necessaria l'astensione dal rapporti sessuali vaginali per almeno due mesi in modo da permettere una corretta cicatrizzazione ed evitare riaperture (deiscenze) della sutura. Il trattamento di lesioni interessanti l’area retrocervicale e parametriale (laterale o posterolaterale rispetto alla cervice uterina), mono o bilaterale, rende sempre necessaria per ragioni di sicurezza chirurgica la visualizzazione dell’uretere (omolaterale) e talvolta l'isolamento dello stesso (ureterolisi), data la vicinanza anatomica del tratto terminale dell’uretere a questo tipo di noduli. Quando la lesione paracervicale interessa direttamente l’uretere può determinare una sofferenza dello stesso con possibili fenomeni di restringimento meccanico (stenosi) e conseguente ostruzione della via urinaria (spesso con dilatazione del rene che è impossibilitato a svuotarsi adeguatamente). A volte la liberazione dell’uretere dal tessuto endometriosico che lo circonda (ureterolisi) può essere sufficiente; in altri casi di interessamento più profondo o danno irrimediabile da malattia del segmento interessato, può essere necessaria la resezione dell’uretere stesso con anastomosi (ricongiungimento delle estremità) o alternativamente reimpianto in vescica (questo tipo di procedura richiede necessariamente una mobilizzazione della vescica per ragione tecniche). In questo tipo di procedure può essere necessario il posizionamento di stent ureterale e, a seconda dei casi, anche di catetere vescicale con permanenza in sede per qualche settimana. Qualora dagli esami preoperatori si osservi una significativa perdita irreversibile della funzionalità renale può essere indicata la contestuale asportazione del rene (nefrectomia) e del relativo uretere (ureterectomia). Il parametrio é inoltre la “centralina nervosa” delle fibre dirette alla vescica, alla vagina ed al retto per cui la chirurgia in tali aree necessita di competenze ed esperienza specifiche per minimizzare il rischio di problematiche neurologiche successive.
La chirurgia in tali compartimenti è pertanto estremamente delicata e complessa ed è finalizzata al risparmio, maggiore possibile, di tali strutture proprio al fine di minimizzare i rischi di deficit neurologici (chirurgia “nerve sparing”). Non è raro che la lesione stessa interessi direttamente le suddette fibre, per cui a volte l’asportazione della malattia endometriosica rende inevitabile la lesione di alcuni di questi rami nervosi interessati dalla lesione, a meno di non modulare la radicalità della chirurgia lasciando in sede, per scelta chirurgica, piccoli residui in modo da contenere il rischio di compromissione neurologica (valutazione intraoperatoria rischio/beneficio).
C’è però da sottolineare come l’interessamento delle suddette fibre nervose da parte del tessuto endometriosico spesso causi una sofferenza (generalmente ischemica) delle stesse legata alla malattia di per sé ("neurotropa", ossia con alta affinità per le fibre nervose che tende ad infiltrare con grande facilità), pertanto con un danno - e conseguenti manifestazioni cliniche - preesistente l’intervento.
Ad esempio diversi studi in letteratura dimostrano come la funzione vescicale possa già essere gravemente compromessa (minzione frequente - pollachiuria e/o senso di incompleto svuotamento vescicale), in donne con endometriosi profonda mai operate. Lo stesso dicasi per disfunzioni dell’alvo e più raramente per alterazioni di carattere sessuale (es. scarsa eccitabilità, incapacità di raggiungimento dell'orgasmo, secchezza vaginale cronica).
Non è raro inoltre che le pazienti lamentino già in fase preoperatoria difficoltà posturali o deambulatorie legate ad un interessamento da parte della malattia di nervi somatici sensitivi e/o motori.
L'endometriosi che causi sindrome compressiva o da infiltrazione dei nervi somatici (come ad esempio i nervi che vanno alla gamba come lo sciatico e l'otturatorio o il pudendo, che innerva il perineo) può essere trattata con l'intervento laparoscopico di neurolisi/decompressione (intervento di liberazione delle strutture nervose infiltrate o compresse dalla malattia). Tali procedure quando eseguite correttamente e con le dovute competenze neuroanatomiche e neurochirurgiche, consentono eccellenti risultati in termini di sollievo dalla sintomatologia dolorosa e recupero funzionale. Tuttavia, trattandosi di strutture estremamente delicate e con tempi di "rigenerazione" piuttosto lenti, il recupero completo può richiedere anche diversi mesi, peraltro non di rado con un apparente lieve peggioramento della sintomatologia nell’immediato postoperatorio.
In alcuni casi possono essere opportuni trattamenti fisioterapici e riabilitativi mirati.
Intestino
L'endometriosi intestinale può essere trattata con diverse modalità:
- Shaving (asportazione superficiale, in tali casi si effettua una “rasatura” della lesione dall’esterno senza necessità di incisione della parete intestinale)
- Resezione discoide (viene incisa ed asportata solo la porzione di intestino interessata dal nodulo e risuturata)
- Resezione segmentaria (viene asportato un segmento di intestino contenente il nodulo con contestuale sutura - anastomosi - per il ricongiungimento delle due estremità).
- Dimensioni (lunghezza, spessore di infiltrazione, diametro trasversale)
- Localizzazione (tipo di segmento intestinale interessato e distanza rispetto al margine anale)
- Percentuale della circonferenza coinvolta
- Grado di stenosi
- Presenza di lesioni multiple
Talvolta può verificarsi in corso di intervento una variazione della scelta della tecnica chirurgica da adottare sulla scorta dell’osservazione diretta. Per ciò che concerne lo shaving, trattasi generalmente di ablazione di noduli infiltranti ma piuttosto superficiali. La tecnica di nodulectomia discoide può essere impiegata per noduli profondi ma di piccole dimensioni e prevede l’utilizzo di una suturatrice meccanica transanale. La tecnica di resezione segmentaria si effettua per noduli profondamente infiltranti di maggior volume e/o noduli multipli; prevede l’utilizzo di una suturatrice meccanica transanale e necessita di una minilaparotomia di servizio (3-5 cm) per il completamento della procedura chirurgica. Generalmente la ripresa dell’alimentazione nel postoperatorio è immediata. In alcuni casi può verificarsi la necessità di una transitoria alimentazione endovenosa (parenterale). La necessità di una stomia (ileostomia o colostomia) di protezione transitoria (derivazione esterna delle feci, comunemente chiamata "sacchetto") è rara nella nostra casistica, <5% delle procedure, ed effettuata generalmente nei casi di contestuale asportazione di lesioni intestinali e vaginali anatomicamente vicine, di resezioni intestinali molto basse o ancora in caso di presunta tensione dei segmenti intestinali coinvolti. Quando necessaria, la stomia viene mantenuta in sede per un periodo in generale non superiore ai due mesi e la ricanalizzazione necessita di ulteriore intervento chirurgico laparoscopico o laparotomico.
ENDOMETRIOSI INFILTRANTE DELLA PARETE ADDOMINALE
Il trattamento delle lesioni infiltranti della parete addominale richiede un'escissione mini-laparotomica. Nel caso di una notevole estensione del segmento di parete asportato può essere necessario l’impiego di una mesh (rete) di supporto per la ricostruzione chirurgica. Questa procedura, qualora non associata ad intervento laparoscopico per il trattamento di endometriosi pelvica o addominale, può essere effettuata in anestesia periferica.
ENDOMETRIOSI IN SEDI ATIPICHE
L'endometriosi diaframmatica puo essere efficacemente trattata con approccio laparoscopico. Nella massima parte dei casi si tratta di lesioni superficiali peritoneali che possono essere semplicemente vaporizzate (coagulate), più raramente si osserva un’infiltrazione più profonda che può richiedere una resezione parziale dello stesso con stripping (peritonectomia). In caso di comprovato interessamento di polmone e pleura sono richieste specifiche procedure di chirurgia toracica che esulano dal presente consenso.
ADENOMIOSI
La terapia dell'adenomiosi è probabilmente l’argomento più discusso attualmente nella letteratura scientifica internazionale. Come per le altre forme di endometriosi, il trattamento è riservato a pazienti sintomatiche o con problemi di infertilità. Nella paziente senza desiderio di gravidanza possono essere impiegate con discreto successo le medesime terapie che si utilizzano abitualmente per il trattamento dell’endometriosi pelvica (progestinici orali, LNG-IUS, estroprogestinici orali, in ultima analisi analoghi del GnRH).
Inoltre, nelle pazienti che abbiano già completato il proprio percorso riproduttivo o in età avanzata perimenopausale può essere considerata la possibilità di un intervento demolitivo (isterectomia+salpingectomia, con o senza ovariectomia a seconda dei casi). Ovviamente tali terapie non sono proponibili in pazienti con desiderio di gestazione.
La difficoltà maggiore correla con l’impossibilità di una adeguata e completa asportazione chirurgica del tessuto adenomiosico, soprattutto nelle forme diffuse per propria stessa definizione (interessano diffusamente la parete, con variabile grado di estensione) ma anche nelle forme focali per l’assenza, come già accennato, di una capsula cioè di un piano di separazione dal tessuto miometriale normale, e questo implica maggiori difficoltà e rischi chirurgici.
Esistono tecniche di intervento che in casi estremi possono essere eseguiti per il trattamento conservativo delle suddette condizioni, anche con discreti risultati nell’immediato, ma spesso con rischi ostetrici significativi (rischio di rottura d’utero in corso di gestazione) anche a distanza di tempo dalla chirurgia stessa.
TRATTAMENTO CHIRURGICO DEMOLITIVO
Tutte le procedure chirurgiche sopra descritte fanno riferimento ad interventi di carattere conservativo in pazienti prevalentemente in età riproduttiva e finalizzati ad un ripristino della normale anatomia pelvica, con l’obiettivo primario di riduzione del dolore ed incremento della qualità di vita oltre che , quando possibile, di incremento della capacità riproduttiva (spontanea o con tecnica di PMA).
Nelle pazienti sintomatiche in età più avanzata o che abbiano completato il proprio progetto riproduttivo e non responsive alla terapia medica o con controindicazioni alla stessa, può essere considerata l’ipotesi di trattamenti demolitivi basati sull’asportazione dell’utero (totale), delle salpingi e, a seconda dei casi, delle ovaie, ovviamente bilanciando la decisione con quelle che sono le potenziali conseguenze di una menopausa iatrogena e delle possibilità di trattamento farmacologico della stessa (terapia ormonale sostitutiva - TOS).
Laddove si opti per tale tipo di trattamento con isteroannessectomia si può anche valutare, in accordo con la paziente, di lasciare eventualmente in situ lesioni endometriosiche infiltranti qualora le stesse non comportino un significativo danno d’organo e la loro asportazione implichi un ingiustificato maggior rischio chirurgico.
Qualora invece, contestualmente all’asportazione dell’utero, sia necessario effettuare un trattamento di lesioni endometriosiche parametriali, le procedure sono quelle descritte per tale area anatomica con i relativi rischi e possibili complicanze. Al termine di tale procedura la parete vaginale viene suturata, per cui si rende necessaria l’astensione dai rapporti sessuali per almeno tre mesi, in modo da permettere una corretta cicatrizzazione ed evitare l’apertura (deiscenza) della sutura.