Stadi
Esistono in letteratura diverse stadiazioni per la patologia endometriosica.Quella attualmente impiegata dal SSN è la classificazione dell’American Fertility Society (AFS) che distingue 4 stadi di malattia (I minima, II lieve, III moderata e IV severa) purtroppo con notevoli limitazioni soprattutto relative:
- alla natura chirurgica della stadiazione (richiede necessariamente la valutazione operatoria , cioè con intervento chirurgico. Pertanto, stando ai criteri della stessa, la valutazione dello stadio non si può effettuare sulla base dei soli esami diagnostici)
- all’inquadramento dei casi di endometriosi profonda (che non è contemplata e pertanto rende “non classificabili” anche molti casi di malattia avanzata).
Per infertilità di coppia si intende il mancato concepimento dopo un anno di rapporti sessuali non protetti.
Circa il 40% delle pazienti affette da endometriosi possono manifestare problematiche riproduttive e questo dipende da diversi fattori : in caso di endometriosi ovarica spesso si registra un ridotto tasso di ovulazione dell’ovaio affetto, in caso di endometriosi pelvica severa le lesioni infiltranti e le aderenze spesso correlate possono determinare alterazioni anatomiche/meccaniche con compromissione della funzionalità di trasporto tubarico, talora l’ambiente uterino può essere più ostile all’attecchimento embrionario. Infine anche in caso di endometriosi minima vi sono fattori di carattere infiammatorio possibilmente ostativi per il concepimento.
Inoltre, va considerato che un parametro cruciale per il potenziale riproduttivo della donna è rappresentato dall’età: a partire dai 35 anni infatti aumenta progressivamente la percentuale di ovociti cromosomicamente anomali, di qui un maggior rischio di mancato concepimento o aborti spontanei precoci, indipendentemente dal quadro anatomico. Una chirurgia adeguata per endometriosi, ripristinando una normale anatomia pelvica e rimuovendo le lesioni, dunque riducendo il quadro infiammatorio pelvico, può aumentare le possibilità di concepimento ma tale aspetto è fortemente influenzato dall’età della paziente e dalle caratteristiche del liquido seminale del partner. Certamente i tassi maggiori di concepimento dopo chirurgia si registrano al di sotto dei 35 anni di età. Pertanto la scelta di effettuare un intervento chirurgico con la sola finalità di ripristinare il potenziale riproduttivo va valutata con cautela e solo dopo un adeguato approfondimento delle caratteristiche della coppia. Va considerata inoltre la possibilità di riduzione della riserva follicolare dopo chirurgia ovarica.
Il parametro della riserva follicolare, che a sua volta si riduce fisiologicamente con l’età e può essere molto variabile da paziente a paziente, è cruciale non tanto per il concepimento spontaneo (che si basa sulla singola ovulazione mensile, per cui è possibile finanche con la metà di un ovaio solo) quanto per una eventuale procedura di riproduzione assistita in cui invece il numero e la qualità di cellule uovo prodotte mediante stimolazione ( e dunque il conseguente potenziale numero di embrioni) sono cruciali per incrementare le possibilità di riuscita del trattamento. Per le ragioni di cui sopra, viene effettuato sempre un counselling adeguato alla coppia per la scelta delle modalità di trattamento più appropriate (chirurgia o tecnica di riproduzione assistita).
Per contro va considerato anche che, benchè la gestazione sia considerata nella maggioranza dei casi una “terapia naturale” per l’endometriosi, in alcuni casi, riportati dalla letteratura scientifica, si può osservare un comportamento anomalo delle lesioni in corso di gestazione (con conseguente aumento di rischio di complicanze in gravidanza e/o al parto), e tale aspetto va considerato e discusso con la coppia nella fase di decisione della strategia terapeutica da adottare, ovvero considerare la possibilità di un trattamento chirurgico eventualmente anche prima dell’accesso ad una tecnica di riproduzione assistita. Infine, è importante che la paziente comprenda come talora la malattia provochi un danno irreversibile ad una o entrambe le tube: spesso, quando associato a franca dilatazione delle stesse, è riconoscibile già in fase diagnostica preoperatoria, talora però viene riscontrato solo in sede di intervento. Dal momento che è dimostrato che un chiaro danno anatomico di una o entrambe le tube non solo le rende inefficienti dal punto di vista del concepimento spontaneo ma anche potenzialmente dannose in caso di tecnica assistita (riduce fino al 50% le possibilità di buon esito), e che le procedure di ricostruzione/ripristino non sempre si rivelano efficaci, richiediamo sempre che venga preventivamente dato l’assenso all’asportazione delle stesse (una o entrambe) in caso di riscontro di compromissione.